Eco-sostenibilità, perché adesso?

Posted by Unknown on 11:04 with No comments
Tra organic e vegan food, supermercati Bio, ecoturismo e locali arredati utilizzando elementi riciclati, sembrerebbe che l’attenzione del consumatore all’argomento “ambiente” e quindi, sostenibilità, stia crescendo. Ma è davvero una sensibilizzazione al consumo o è solo una moda?
La tendenza a dare attenzione all’ambiente nasce da una necessità evidente: nel 2014, per esempio, sono stati prodotti 65 milioni di tonnellate di cotone e poliestere, si è ipotizzato che nel 2020 la produzione possa raggiungere picchi di circa 90 milioni.

Ridurre l’impatto ambientale della produzione, distribuzione e consumo di capi d’abbigliamento è la nuova scommessa dei grandi nomi della moda. Essere sostenibili significa abbracciare una causa importante, aderire con costanza ad una corrente di pensiero e rispettarla; è per questo motivo che le imprese dovrebbero mettere alla base dei propri valori aziendali l’etica ambientale e non utilizzarla solamente al fine di salvaguardare la propria immagine di fronte all’opinione pubblica. Nonostante ciò c’è chi sta facendo passi in avanti, ecco quindi alcuni punti che potrebbero essere d’ispirazione per un consumo più sostenibile:

Fast fashion vs sostenibilità:

Come possono questi due argomenti, che sono sempre andati in direzioni opposte, combaciare?
Un esempio di risposta a questa domanda è H&M, da circa undici anni impegnato in politiche ambientali.
Le azioni che il brand svedese ha intrapreso a sostegno dell’ambiente sono principalmente tre. La prima è il lancio del Garment Collecting, ossia la campagna a favore del riciclo delle fibre tessili: H&M infatti chiede ai propri clienti di portare abiti che non indossano più in negozio ottenendo uno sconto sui nuovi acquisti (le fibre come il cotone possono essere riciclate!).
Le altre due invece sono abbastanza recenti: ad Aprile 2015 il brand ha lanciato la nuova collezione Conscious exclusive, a cui è seguita l’apertura di un pop up store (negozio temporaneo) a New York, e che ha coinvolto Star come Olivia Wilde per la promozione. Inoltre questo brand ha firmato, insieme al Kering group, un contratto con la start up inglese Worn again, ideatrice di un sistema chiamato circular resource model, che permette il riciclaggio dei materiali dei vecchi vestiti.

Non si può affermare che H&M rappresenti il brand più “verde” in circolazione, ma le politiche di comunicazione che ha adottato hanno una grande influenza sui consumatori, e se il messaggio è la salvaguardia dell’ambiente, esso può solo esercitare un’influenza positiva sull’awareness delle persone.



  Tornare allo slow fashion:

Il fast fashion sta diventando sempre più fast: Zara, il brand a cui viene attribuito il merito di aver creato questo nuovo modello di business, crea nuove collezioni ogni due settimane e cambia il merchandising nei negozi due volte a settimana. Anche i grandi nomi del prêt-à-porter ormai creano minimo sette collezioni all’anno (inizialmente erano solo due: autunno/inverno e primavera/estate).

Come si può rallentare? Come si può creare un nuovo modello che venga apprezzato nello stesso modo? Nell’era dei fashion blog e dei selfie, come si può convincere qualcuno a non indossare una maglietta diversa ad ogni selfie pubblicato?
L’unica strada è educare il consumatore reintroducendo il concetto d’investimento e di essenzialità.
Davvero hai bisogno della cosa che stai per comprare? Davvero hai bisogno di indossare ogni giorno una maglietta diversa?



“Detox my fashion”  Greenpeace:

Dal 2011 Greenpeace promuove Toxic-free manufacturing richiamando l’attenzione all’ambiente. I brand che ad oggi aderiscono all’iniziativa sono: C&A, M&S, United colors of benetton, Esprit H&M, Mango, Levi’s, Limitedbrands, Uniqlo, G-start raw, Valentino, Inditex, Puma Primark, Burberry, Adidas. Per maggiori informazioni e per partecipare alla campagna potete cliccare qui  http://www.greenpeace.org/international/en/campaigns/detox/what-you-can-do/


Cotone organico:

Per produrre fibre e filamenti vengono utilizzati prodotti chimici. La produzione di cotone, per quanto fibra naturale, è uno dei processi più inquinanti a causa dell’uso di pesticidi chimici.
Queste sostanze possono avere gravi conseguenze sulla salute, quindi il consiglio è quello di lavare almeno due volte l’ultimo acquisto prima di indossarlo o, ancora meglio, comprare solo cotone organico. Questo tipo di fibra naturale Bio viene prodotta secondo la regolamentazione internazionale EU 834/2007. Il primo obiettivo è quello di produrre cotone utilizzando fertilizzanti e pesticidi organici invece che sintetici. Il cotone biologico è prodotto in base alle condizioni climatiche, al terreno e  alla resistenza a parassiti e malattie delle piante. Grandi nomi come Zara, H&M, Nike, Muji utilizzano questo tipo di cotone (come riconoscerlo è semplice: dovrebbe essere specificato nell’etichetta).




Peta e la causa contro la produzione di pelliccia di angora:

A Febbraio 2015 il gruppo Inditex (di cui fanno parte nomi come Zara, Massimo Duti, Bershka) ha annunciato lo stop alla produzione di indumenti con lana d’angora (prodotta dal pelo del coniglio d’angora),  dopo i vari richiami e denunce del Peta (People for the Ethical Treatment of Animals): questo perché le pratiche adottate sugli animali per ricavare la lana sono crude e inumane.
Altri brand come Gap, ASOS, Marks & Spencer, H&M, Next, Forever 21, Calvin Klein, Tommy Hilfinger e COS avevano già bloccato la produzione tra il 2013 e il 2014.




Infine, informarsi sulle politiche ambientali (ed etiche) dei brand che utilizzate è semplice, dovrebbero essere specificate nei loro siti internet e richiede solo un po’ di tempo. Ancora più semplice e veloce è controllare l’etichetta quando state comprando: dove è stato prodotto e da quali fibre è composto l’indumento.

 Don’t be lazy, be informed! 
                                                                                                                       
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